16/02/14

Perché un blog sui redattori precari

Ecco, appunto... perché? Voglio dire, ce n'era forse bisogno? Non lo so. Qualche altro sito/blog esiste già, allora perché aggiungerne un altro? Forse perché sono IO ad averne bisogno. Di sentirmi parte di qualcosa, di condividere non solo un'esperienza in divenire ma anche di sentirmi meno isolata in un mondo che se ti costringe a lavorare tra le mura di casa tua (che, per carità, a me piace molto più di un ufficio per questioni di "libero" impiego di tempi e spazi) ti condanna in un certo senso all'ignoranza di ciò che ti circonda, e parlo non solo di opportunità ma anche di diritti e di coesione sociale.

La precarietà condanna. Non c'è dubbio. Condanna a non avere alcun potere contrattuale, giusto per dirne una. Condanna a mettere continuamente ipoteche sul proprio futuro. E la collaborazione esterna, oltre che precaria per definizione, condanna a lavorare forse anche più degli altri, spesso weekend e festivi compresi, senza poter fare grandi programmi perché sei "a chiamata", con tempistiche assurde e al limite dello sfruttamento (nonché dello sfinimento).

Però condanna pure a una scelta: quella fra abbassare la testa a ogni (sempre più ridicola) richiesta e quella di dire, ogni tanto, NO. Nel proprio piccolo, secondo le proprie possibilità, ognuno può sentirsi un po' Atreyu e combattere per resistere all'avanzata del Nulla (per chi non fosse nato negli anni '80, il riferimento è al film cult La storia infinita), o meglio all'avanzata dell'esaurimento nervoso. Possiamo dire addio ai nostri diritti, ma non alla nostra dignità.

Perché nessuno lo saprà mai, eppure in ogni libro su cui lavoro lascio un pezzetto di me. Su quelli che mi piacciono, su quelli "massì, vabbè, dai" e persino su quelli che "ommioddio, da dove esce questo?". E tra una revisione e una correzione bozze, trovare il tempo di leggere (in effetti lo faccio già poco per lavoro) libri emozionanti, profondi, o anche solo rilassanti, e di sentirmi parte attiva di qualcosa, questo qualcosa che ci ostiniamo a chiamare editoria, è forse l'unico modo per continuare ad amare il lavoro che faccio.

Insomma, per tirare le conclusioni... Il primo post di un nuovo blog è sempre delicato, forse il più importante, e ho pensato a lungo su cosa scrivere. Quello che ne è uscito fuori alla fine mi sa tanto di una sorta di "mission", che puntualmente, come migliore tradizione italiana vuole, verrà tradita. O forse no? Chi lo sa (io no di certo)! ;)

Nessun commento:

Posta un commento

E tu cosa ne pensi? Lascia un commento ;)